Chi siamo
La scuola Paritaria G.Cipolletti è nata nel Comune di Montoro (AV) frazione S. Eustachio. Nel 1851, in quello che era un umile villaggio, il parroco Giosuè Cipolletti ha fondato il primo Asilo Infantile della Diocesi di Salerno e della Provincia di Avellino.
Inaugurato nel 1858, venne affidato alle Suore dell’Ordine Stimmatine.
Fino al 2002 le Suore operarono secondo un modello di insegnamento costituito da saperi e azioni, pratiche e valori, affrontando i tristi momenti storici generati durante le guerre mondiali. L’asilo è stato sede di istruzioni impartite con amore, ma anche di accoglienza per centinaia di bambini che erano serviti con un tasto caldo.
Quell’amore e quella sensibilità, sempre manifesta e sentita, furono alimentate dalla saggezza della Madre Superiora Addolorate Leonetto alla quale, all’inizio del 1900 fu affidato il Convento di S. Eustachio. La crisi delle vocazioni, però, impedì il ricambio generazionale tra le suore e, inevitabilmente, le ultime due, Suor Luisa e Suon Bertina, dovettero lasciare il convento che le ospitava e chiudere la Scuola Materna di S. Eustachio.
Nel 2002, grazie all’opera di due cittadini monotremi, Emilia Sica e Carmine Longobardi, la Scuola Materna di S. Eustachio rinacque offrendo, grazie alle sensibili e competenti maestre, uno sviluppo culturale di quell’angolo di paradiso artistico e teologico.
Dal 2002 ad oggi tanti sono stati i bambini che lo hanno presenziato e che ormai frequentano le scuole superiori, portando nel cuore quel sentimento di agio e amore che ha caratterizzato la loro formazione precoce.
In questo scenario impregnato di storia e cultura, la Scuola Paritaria G. Cipolletti vuole lanciare un’ennesima sfida, convinta che la conoscenza è la migliore arma bianca con la quale operare nella nostra società nel rispetto dei canoni assiologici che caratterizzano il
fenomeno della mondializzazione per le future generazioni.
FRAMEWORK TEORICO
GIUSTIFICAZIONI SCIENTIFICHE.
Questo PTOF della scuola G. Cipolletti vuole orientarsi partendo dalla convinzione che l’acquisizione delle competenze per i bambini è possibile attraverso una proposta didattica alternativa che integra il corpo nel processo di acquisizione delle abilità.
Partendo da questa asserzione preliminare, si è dimostrato che un gruppo di bambini della scuola dell’infanzia sarà in grado di ricordare meglio vocaboli e frasi, in quanto la didattica verrà condotta direttamente in relazione a movimenti di routine: sorridendo, voltandosi, cambiando posizione, raggiungendo un oggetto, sedendosi vicino, correndo e così via. Alla base di questa metodologia sono presenti tante scuole di pensiero ( Rivoltella P. C., Rossi P. G., 2012) che alimentano sempre più la tesi legata al principio dell’ Embodied Cognitive Science (Gallese V., 2006).
Il Dr. Asher chiama questo approccio “conversazione attraverso il linguaggio del corpo”, in quanto l’insegnante ottiene un feedback immediato e riesce a capire quando i bambini danno un’adeguata risposta fisica e verbale (kovàcs J., 2010).
Dobbiamo considerare che i bambini sono felici quando possono giocare, muoversi e cantare, ancor meglio se queste attività sono combinate. C’è un detto che un bambino non fa quello che ha imparato, ma piuttosto il contrario, cioè impara ciò che ha già fatto
(Kovàcs J.,2010).
Ecco perché, nell’acquisizione precoce delle competenze linguistiche e logiche, le attività connesse con i movimenti, danza e giochi di gruppo sono molto importanti. C’è bisogno di tempo infatti, per sviluppare le capacità ricettive (comprensione basata sull’ascolto) prima che appaia l?uso produttivo della lingua (Kovàcs J., 2010)
GIUSTIFICAZIONI PEDAGOGICHE
Il nostro PTOF è supportato didatticamente da tre direttive psicopedagogiche a carattere scientifico.
- LIFE SKILLS
- NEURODIDATTICA /ENATTIVISMO
- EMBODIED COGNITIVE SCIENCE
1. LIFE SKILLS
Nell’ambito dello sviluppo delle scienze educative e didattiche si rileva sempre di più l’esigenza di sostituire il tradizionale modello di insegnamento, di tipo trasmissivo, con metodologie educative innovative, che abbiano come obiettivo principale il successo formativo, sia del singolo sia del gruppo.
In questa nuova ottica viene riconsiderato il ruolo del docente. Egli non è più colui che deve impartire agli allievi solo i saperi finalizzati all’apprendimento passivo, ma deve riconsiderare la relazione di insegnamento - apprendimento come circolare e reciproca, e fornire agli studenti gli strumenti necessari per fronteggiare in modo efficace le problematiche quotidiane. Accanto ai processi di trasmissione delle abilità scolastiche tradizionali è sempre più necessario, infatti, che trovi spazio anche l’insegnamento delle competenze psicosociali, con interventi che non siano diretti esclusivamente a bambini e adolescenti che presentano problemi e disagi, a rivolti a tutti gli studenti in modo da fornire loro competenze adeguate per far fronte anche ai bisogni futuri.
I compiti educativi possono essere di due tipi:
- Formali: destinati a consolidare apprendimenti espliciti sui fondamenti dei percorsi intellettuali che si articolano sull’alfabetizzazione (matematica, linguistica, informatica). Le abilità che ci si propone di sviluppare sono dette Learning skills;
- Informali: fanno riferimento ad abilità non strutturate che si impegnano nella vita quotidiana, dette Life Skill.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di avviare un collegamento tra gli apparati che si occupano di educazione formale e quelli che si occupano di educazione informale. Le Life Skills Education rappresenta proprio il tentativo di costruire questa
alleanza. Le Life Skills possono tradurre i fattori cognitivi (le conoscenze) e le attitudini e i valori (ciò che pensiamo, sentiamo e crediamo) in capacità e azioni concrete. L’ acquisizione delle Life Skills non rappresenta, però, certamente una panacea; infatti,
oltre alle abilità e alle competenze personali, numerosi e complessi sono i fattori che influenzano la motivazione e l’abilità a comportarsi in modo sano e positivo, ad esempio i fattori ambientali, culturali e familiari.
Per un’educazione orientata allo sviluppo personale e sociale, infatti, c’è bisogno che studenti, insegnanti, famiglia, comunità e organizzazione scolastica si pongano come agenti di cambiamento.
E’ in questo scenario che curricolo di sola lingua inglese offre la condizione ideale affinché questo processo possa mettersi in moto. Il grimaldello motivazionale, infatti, è offerto dalle Capacità della Vita che vengono acquisite attraverso la connessione del
verbale con l’agire.
L’apprendimento della lingua italiana, ad esempio, non richiede un processo apprenditivi che parta dalla teoria (grammatica, sintassi, ecc) per giungere alla prassi. Al contrario, servendosi delle Life Skills come strumento di azione e risoluzione, pie lo studente di fronte alla necessità di utilizzare la pratica per giustificare la necessità del comprendere le regole della teoria.
2. NEURODIDATTICA / ENATTIVISMO
Nell’approccio inattivo è fondamentale, innanzitutto, cercare di capire come colui che percepisce possa guidare e sue stesse azioni. Ne consegue che il punto di riferimento per la comprensione della percezione è variabile, in quanto subordinato alle situazioni delle
azioni che sono mutevoli e dipendenti dal percettore e dall’ambiente in cui egli è inserito. E’ la struttura senso motoria del percettore a determinare la sua stessa azione.
Introducendo nel processo di conoscenza l’incertezza, la probabilità, il caso ci si allontana dal determinismo, giungendo allo sviluppo di un pensiero creativo, divergente, capace di dare risposte diverse rispetto ad uno stesso problema. Berthoz definisce il nostro cervello come “ una macchina che anticipa creando una serie di probabilità, che simula la realtà prima di agire nell’intervallo di tempo brevissimo che precede l’azione” (Berthoz A., 2012, p.173). Contribuisce allo sviluppo del pensiero divergente anche il principio dell’inibizione e del rifiuto, ovvero pensare percorrendo nuove strade, allontanandosi dalle certezze, “creando quei distanziamenti che sono alla base del processo di professionalizzazione e di riflessione” (Rivoltella P. C., Rossi P.G., 2012, p.
411).
Didattica inattiva e Neurodidattica, pertanto, compiono un’azione determinante per il processo didattico. Per dirla nei termini della didattica empirica, abbandonare la scuola dei saperi preformati e ripetitivi per scelte di didattica enattiva, cioè per saperi localmente specificati secondo bisogni formativi ai quali rispondono metodologie adeguate: un sapere dalle risposte aperte, non predefinibili linearmente, ma che ricercano esiti cavalcando l’onda.
In questo quadro scientifico culturale, la non conoscenza dei sapere, la difficoltà nel giungere subito ad una soluzione semantica e/o grammaticale, l’anticipazione delle probabilità simulate per rispondere quanto prima alla risposta, consente al soggetto di mettere in moto un sistema di Problem solving cognitivo che gli permette di motivarsi ad apprendere il nuovo. Più i saperi ed i concetti sono “insignificanti” e predefiniti, più è facile che il cervello respinga queste forme di immagazzinamento; più le consegne
didattiche rispondono alle necessità del momento, più il cervello si adopera affinché acquisiscano senso e significato per il soggetto.
Corporeità ed enattivismo, quindi, viaggiano di pari passo, offrendo al docente l’opportunità di operare attraverso il corpo per l’apprendimento cosiddetto situato.
3. EMBODIED COGNITIVE SCIENCE
I rapporti profondi e indissolubili che legano la corporeità alla formazione della propria identità individuale, sociale e all’apprendimento, supportano una nuova visone olistica della motricità che non può essere ridotta esclusivamente a una semplice risultante di processi strettamente biologici, ma deve essere considerata espressione d’intelligenza, affettività e autodecisione cosciente. I processi cognitivi legati all’apprendimento, in uno scambio dinamico con i comportamenti sociali e i sistemi comunicativi, possono essere
considerati tutti meccanismi conoscitivi che poggiano sulla motricità.
Se fino ad oggi, quindi, Piaget, Wallon, Aucouturier ed altri esperti di psicomotricità avevo dettato legge in tale senso, oggi la psicologia cognitiva è costretta a servirsi anche del contributo delle neuroscienze cognitive e, quindi, delle nuove teorie suul’Embodied Cognitive Science. Con il subentrare dell’Embodied Cognitive Science, si amplifica la possibilità di valorizzare nel processo di insegnamento/apprendimento sia la percezione che l’azione, elementi che caratterizzano la maggior parte dei processi cognitivi “siano essi rivolti verso il mondo esterno, come la rappresentazione degli oggetti e dello spazio, l’immaginazione, la comprensione del linguaggio e delle intenzioni degli altri, o verso il mondo intero, come l’esperienza emozionale, i processi decisionali, la rappresentazione
del proprio corpo, la coscienza” (Caruana F., Borghi A. M., 2013).
Consideriamo, ad esempio, il concetto di “alunno”: esso non è semplicemente la rappresentazione del soggetto che apprende, ma comprende anche l’insieme eterogeneo delle conoscenze e delle esperienze ad esso legate, compresi i modi di interagire e relazionarsi. Difatti, l’insegnante che vuole rapportarsi con l’alunno, prima di attuare un’azione diretta, organizza una serie di atti potenziali che le consentono di muoversi nel miglior modo possibile senza creare disagio. L’alunno, inoltre, non è un soggetto dotato solo di un corpo fisico: quest’ultimo, infatti, è corredato di una componente psichica che lo rende attivo e partecipe, lo relaziona agli altri, si gestisce e si autoregola in funzione di un ambiente in continua evoluzione.
E’ necessario, quindi, pensare a tutti i singoli atti associati con gli altri processi grazie ai quali ci si relaziona al soggetto/oggetto; in altre parole, non ha importanza l’atto in sé, ma la nostra disposizione nella sua esecuzione. In questo modo, è evidente notare come l’approccio pragmatista sia ben lontano da una rappresentazione a base percettiva assolutistica, proprio perché l’attenzione è posta tutta sull’atto motorio; in altre parole l’espressione sensoriale iniziale e il processo di riflessione centrale acquistano valore solo in virtù dell’atto finale e quindi del comportamento/apprendimento.
Soffermandoci, infatti, sulla posizione ecologica di Gibson riguardo alla rivalutazione dell’atto motorio, è risaputo che la sua psicologia si basa principalmente sul concetto di “affordance”, secondo cui l’individuo non percepisce una copia di ciò che il mondo
esterno gli rimanda, ma capta una serie di informazioni di alto ordine utili alla sua azione.
Questo concetto è la conseguenza di tre punti fondamentali dell’approccio ecologico gibsoniano che possono essere cosi riassunti:
- la percezione è diretta, ovvero non richiede rappresentazioni mentali;
- la percezione serve per guidare l’azione e non per raccogliere informazioni;
- se la percezione è diretta e funzionale all’azione, allora l’ambiente deve offrire sufficienti e adeguate informazioni per guidare l’azione.
Raccogliere, memorizzare ed utilizzare nuove conoscenze non può venire preconfezionando parole, concetti e regole grammaticali, quasi come se la mente fosse un registratore che percepisce un suono assoluto ed uguale per tutti. Se è vero che la mente filtra l’informazione in relazione alla futura “azione” che il soggetto vuole ipoteticamente compiere, è anche vero che la costruzione della conoscenza va personalizzata e resa situata, grounded direbbe la Borghi.